Covidiota è un neologismo, nato in America, dove nella sua forma “covidiot” viene comunemente usato (a differenza che da noi) per indicare chi non segue i dettami sanitari del momento. Importato in Italia, viene comunemente utilizzato per indicare l’opposto, ovvero coloro che seguono questi dettami.
Curiosa differenza.
In ogni caso, la prima domanda che mi è sorta spontanea è: perché per descrivere il fenomeno si è coniato un neologismo?
La lingua Americana o il suo “antenato” anglosassone, o ancor di più l’Italiano, non sono sono abbastanza ricche di termini, di locuzioni e modi di dire adatti a descrivere la situazione?
Perché abbiamo bisogno di usare questo nuovo termine per descrivere un qualcosa che conosciamo bene, come l’idiozia? L’idiozia non mi sembra affatto un fatto nuovo.
Questo mi ha fatto sorgere una seconda domanda: siamo sicuri di conoscere davvero il significato di idiozia?
In italiano la parola idiota inizia a subentrare nel XIV secolo, riprendendo per via colta il latino idiota. Mentre nel parlar comune viene utilizzato per indicare uno scimunito, ignorante, corto di intendimento, in realtà il termine proviene dal greco idiótes. Idiótes, che voleva dire uomo privato, posto in contrapposizione all’uomo pubblico, e definito come colui che mena vita privata fuori dalla buona società e lungi dai pubblici uffici.
Il che non mi sembra un’idiozia. E se per idiozia guardiamo a ciò che viene inteso nel parlar comune, non lo è affatto. Sarebbero altrimenti per assurdo definibili idioti anche asceti o monaci, santi o profeti, ed in generale chiunque navighi al di fuori del modo di fare comune alla sua epoca, o si tenga lontano dagli affari pubblici.
Il termine deriva a sua volta dal greco Idios, che significa proprio, particolare. Idios kosmos venica infatti utilizzato dai greci per definire il mondo privato, in opposizione al koinos kosmos il mondo condiviso, o pubblico. La parola idiosincrasia ad esempio è composta di idios e synkrasis, cioè carattere, inclinazione, temperamento, dunque indica un temperamento proprio, particolare.
Avere un temperamento proprio vi sembra una forma di idiozia?
La terza domanda diventa più interessante: perché nel corso della storia il significato comune del termine è mutato assumendo un’accezione dispregiativa?
Forse perché, in effetti, chi si disinteressa alla vita pubblica, ricercando la propria autonomia, non sottostando ad alcuna regola se non la propria, privata, intima, chi con attitudine particolare, coltiva abitudini incomprese ai più è stato spesso considerato scomodo, quando non spregievole e malvagio o idiota, folle, completamente pazzo. Caccia alle streghe docet.
Kant nella Critica alla ragion pratica afferma l’esistenza di una legge morale assoluta, libera da ogni condizionamento, caratterizzata da due particolarità fondamentali: incondizionatezza e autonomia. Conseguenza ineludibile del postulato della libertà della vita etica è che la scelta morale non può che essere libera, in quanto se condizionata smette di essere scelta.
Afferma in seguito: Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.
O ancora: abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto.
Oggi, spesso, servirsi unicamente del proprio intelletto per valutare le circostanze è visto come un possibile rischio per il bene comune. Da non correre. Meglio diventare meri esecutori di un processo, di un protocollo, affidandosi a più sicure istruzioni e tutori (o tutorial), delegare le scelte ad altri, “che sanno” cosa è bene e cosa no.
E se fosse così, conoscendolo solo oggi, qualcuno potrebbe dare dell’idiota anche a Kant, che decreta di sottostare al solo cielo stellato, e che la legge morale sia qualcosa che scaturisca dall’interno. Che folle visionario!
Quindi sciogliamo questa dicotomia: non ci sono (cov)idioti, negazionisti o no mask, ma le solite due vecchie fazioni: quella forza tellurica che tende all’ordine, al controllo, alla regolamentazione, e quella forza marittima, che tende a sbilanciarlo, e che, forse, negli ultimi secoli ha assunto forme illuministe, liberali o anarchiche.
Ed in effetti l’anarchia trova sbocco in concetti propri del pensiero di autori quali Tommaso Moro, che ha dato forma tra l’altro al concetto di Utopia, o ancora gli illuministi Condillac, il Marchese de Sade, Rousseau e Diderot, mentre la sua accezione antica era ben presente già nel mondo greco: ἀναρχία, ἀν (an), assenza + ἀρχή (archè), governo o principio.
Più che utilizzare questo termine improprio, idiozia, dovremmo usarne uno più calzante: ignoranza, e senza bisogno di preporre il cov.
E’ ignorante, forse, chi pensa che la salute (ed si potrebbe discutere sul significato di questo termine) conti più delle libertà individuali, come se fosse importante salvare la meccanicità della vita biologica, disinteressandosi invece della qualità di quest’ultima, ignorante chi accetta di far regolamentare la propria vita ex catedra, delegando la possibilità di decidere autonomamente.
Perché per accettare questo si devono ignorare i fondamenti della cultura occidentale moderna, a partire dall’Illuminismo e così in seguito. Ignorare che l’Europa e l’Occidente hanno dato vita al liberalismo, inteso così come veniva definito dai filosofi illuministi tra la fine del XVII e il XVIII secolo, ignorare i morti (visto che si fa quotidianamente riferimento a questi per avvalorare le tesi), morti per combattere per quell’idea che attribuisce all’individuo un valore assoluto, e che intende limitare l’azione di chiunque (stato in primis) ad invaderne, determinarne, regolamentarne la vita, così che ognuno possa decidere in autonomia il suo modus vivendi.
Oggi dove il capitalismo, in quel suo lato prettamente materialista che lo assimila al comunismo, promuove un uguaglianza intesa come schiacciamento verso il basso di ogni forma di autonomia, invece di proporre l’emancipazione e l’autodeterminazione individuale, ecco che si entra prepotentemente nel privato e se ne vogliono regolare tutti gli aspetti, in maniera molto più diretta e veloce di come ha già fatto fino ad oggi la propaganda ribattezzata pubblicità attraverso i media, facendo leva non più sul desiderio, ma direttamente sulla ben più radicata e funzionale paura.
E pensare che in quella Francia illuminista, invece, chi si è permesso di violare quei diritti inalienabili si è trovato ad attenderlo, non scroscianti applausi di una folla timorosa e bisognosa di protezione, bensì la lama della ghigliottina a porre fine al sopruso.
Ed ora, nel mentre ogni termine viene modificato, rimasticato, diminuito, capovolto, così come in realtà è sempre stato (lo abbiamo visto or ora con il termine idiozia), da coloro che sin da quella che viene definita preistoria, definita così nell’etimo proprio perché non la si conosce, attaccano chi vuole essere autonomo e decidere autonomamente, seguendo solo la legge morale dentro di sé, per assoggettarlo e piegarlo alla volontà di una giustizia superiore, nota a poche menti ed in-intellegibile (non andando per nulla lontano dai sacrileghi metodi della chiesa cattolica), che si credono illuminate ma non son di certo nemmeno illuministe, continuano a sovvertire rituali, mostrare un falso e pretendere che lo si riconosca per vero al di là di ogni possibile obiezione logica, per puro cameratismo.
E dunque un pensiero, in questo 21 Dicembre 2020, dove dopo tanto tempo Giove e Saturno si incontrano.
Lasciamo cadere una t, la t di tortura, la t di terrore, ma anche la t di test. Perché forse siamo dinanzi al più grande test che l’animo umano (ed il logos) abbia mai dovuto affrontare. Ed il cui superamento ne andrà della sua stessa esistenza.
Lasciamo cadere una t, e ricordatevi di san(t)ificare le feste.
E per chi vuole approfondire, citando il passo originale dal libro:
“Tu pensi, Winston, che il passato abbia un’esistenza concreta? Il passato esiste concretamente, entro lo spazio?
“Nei documenti e poi nella memoria” disse Winston.
“Noi, il Partito controlliamo tutti i documenti e la memoria di ogni singolo individuo, pertanto controlliamo il passato” disse O’Brien.
“Ricordi” riprese a dire “di aver scritto nel tuo diario: “La libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro?”. “Sì” rispose Winston. O’Brien sollevò la mano sinistra, tenendo il pollice nascosto e le quattro dita tese. “Quante sono le dita che tengo alzate, Winston?” “Quattro”.
“E se il Partito dice che le dita non sono quattro ma cinque, quante sono?” “Quattro”.La parola terminò con un rantolo di dolore. L’ago del quadrante era balzato a 55. “Quante dita sono, Winston?” “Quattro”. L’ago salì a 60. “Quante dita sono, Winston?” “Quattro! Basta, basta! Ma perché non ti fermi? Sono quattro, quattro!” “Quante dita sono, Winston?” “Cinque! Cinque! Cinque!” “No, Winston, è inutile. Tu stai mentendo, tu credi ancora che siano quattro”. “Quattro! Cinque! Tutto quello che vuoi! Ma basta con questa sofferenza!”
“Quante dita sono, Winston?” “Quattro. Immagino che siano quattro. Ne vedrei cinque, se potessi. Sto cercando di vederne cinque”. Il dolore entrò a fiotti nel corpo di Winston. L’ago doveva essere 70-75. “Che cosa preferisci, persuadermi che ne vedi cinque o vederne veramente cinque?” “Vederne veramente cinque”. “Ricominciamo” disse O’Brien. Forse l’ago era salito a ottanta, o a novanta”. “Quante sono queste dita, Winston” “Non lo so, non lo so. Se spingi di nuovo la leva mi ucciderai. Quattro, cinque, sei… in tutta onestà, non lo so”. “Così va meglio” disse O’Brien.“Lo sai per quale motivo portiamo le persone in questo posto?” “Per farle confessare”. “No, non è questo il motivo. Riprova”. “Per punirle”. “No!” gridò O’Brien. “No! Certo non allo scopo banale di estorcerti una confessione o di punirti. Tu sei qui perché vogliamo curarti, per farti riacquistare la ragione! Ma lo vuoi capire, Winston, che nessuno di quelli che cadono in mano nostra esce di qui senza essere stato guarito? L’unica cosa che ci sta a cuore è il pensiero. Noi non ci limitiamo a distruggere i nostri nemici, noi li cambiamo”.
“Hai certamente letto delle persecuzioni religiose del passato. Nel Medioevo vi era l’Inquisizione. Un autentico fallimento. Gli uomini morivano perché non intendevano tradire le proprie convinzioni. Vennero poi i regimi totalitari: i nazisti e i comunisti in Russia. Nella lotta contro l’eresia i russi furono anche più feroci dell’Inquisizione. Ritennero di aver imparato dagli errori del passato: erano convinti che non si dovessero assolutamente creare dei martiri. Pertanto, prima di sottoporre le proprie vittime ad un processo pubblico, impegnavano ogni mezzo per distruggerne la dignità. Ne fiaccavano la resistenza con la tortura e l’isolamento. Ma le confessioni che essi avevano reso erano palesemente estorte e fasulle. Noi non commettiamo errori del genere. Con noi tutte le confessioni sono autentiche.
Noi le rendiamo tali. Noi non consentiamo che i morti risorgano per farci guerra. Nessuno tra i posteri ti renderà giustizia. I posteri non sapranno mai nulla di te. Tu sarai cancellato totalmente dal corso della storia. Noi ti vaporizzeremo, disperdendoti nella stratosfera. Di te non resterà nulla, né il nome in qualche archivio, né il ricordo nella mente di qualche essere vivente. Sarà come se tu non fossi mai esistito”.
E allora perché prendersi la cura di torturarmi, pensò Winston. O’Brien si arrestò, come se Winston avesse formulato il suo pensiero ad alta voce. “So cosa stai pensando” disse. “Dal momento che è nostra intenzione distruggerti completamente, per quale motivo ci prendiamo la briga di interrogarti, prima?” “Sai” riprese “tu sei un’imperfezione nel sistema, Winston, una macchia che va cancellata. Noi non ci accontentiamo dell’obbedienza negativa, e meno che mai di una sottomissione avvilente. Quando infine ti arrenderai a noi, ciò dovrà avvenire di tua spontanea volontà. Noi non distruggiamo l’eretico per il fatto che ci resiste. Finché ci resiste noi non lo distruggiamo. Noi lo convertiamo, penetriamo nei suoi recessi mentali più nascosti, lo modelliamo da cima a fondo. Prima di ucciderlo ne facciamo uno di noi. Prima di far saltare il suo cervello, lo rendiamo perfetto.
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